Rapporto Istat sul digitale: l’Italia accelera, ma servono più competenze.

Le imprese più innovative resistono alle crisi, crescono il cloud e la fatturazione elettronica. Nell’uso dell’IoT e AI siamo in linea con la media europea, mentre restiamo indietro con le tecniche di analisi di Big Data.

L’ultimo rapporto annuale Istat 2020, sulla digitalizzazione dell’Italia evidenzia dati incoraggianti e qualche problema sul quale bisogna migliorare il prima possibile: il digitale rende più forti, infatti il 96% delle imprese digitalmente mature non ha subìto o programmato ridimensionamenti delle attività durante i lockdown. Inoltre in Italia c’è una crescente adozione del cloud e delle fatture elettroniche, così come procede bene l’uso di tecnologie IoT, AI e della robotica, in linea con la media europea. Però mancano professionisti ICT qualificati, confermando il problema, noto, della carenza di competenze digitali del personale.

La pandemia da Covid-19 ha fornito evidenze a quello che già sapevamo, ossia che le tecnologie digitali sono fondamentali per le attività produttive e l’erogazione di servizi pubblici. Ora la consapevolezza dell’importanza dell’uso delle tecnologie è molto più diffusa ed è chiaro a tutti che non si deve più esitare o rallentare. La direzione intrapresa è quella giusta e le imprese con maggiori capacità tecnologiche stanno pianificando un incremento dei processi di digitalizzazione.

Un passo importante è stato fatto con il credito unico d’imposta previsto dal Piano Transizione 4.0, ma l’Italia ha deciso di accelerare destinando a progetti di digitalizzazione circa il 27% dei 235 miliardi di risorse comprese nel Programma Nazionale di Ripresa e Resilienza, PNRR (222 miliardi) e nei fondi React-Eu (13 miliardi). Inoltre il programma Next Generation EU, che esige dai Paesi membri di allocare almeno il 20% dei fondi su investimenti per lo sviluppo tecnologico, faciliterà il percorso che tuttavia si presenta in salita. Partiamo infatti da un grosso ritardo certificato dal Digital Economy and Society Index (DESI) che colloca il nostro paese al quartultimo posto sui 28 Stati membri UE per livello di digitalizzazione dell’economia e della società. Siamo ultimi per dimensione del capitale umano: solo il 42% delle persone tra i 16 e i 74 anni possiede competenze digitali di base, contro una media UE del 58%, e solo il 22% dispone di competenze digitali superiori a quelle di base, contro una media europea del 33%.


Il 96% delle imprese digitalmente mature non ha subìto ridimensionamenti delle attività durante i lockdown. L’incidenza degli occupati in professioni ICT sul totale degli occupati è modesta, attestandosi al 3,6% contro un 4,3% nell’UE

Sempre secondo il report Istat, il cloud si è rivelato di primaria importanza durante i lockdown, ed è stato utilizzato da circa il 60% delle aziende nel 2020 con una crescita del 36%. Allo stesso modo si segnala una crescita significativa nell’installazione di robot e nel ricorso all’Intelligenza Artificiale rispetto alle principali economie manifatturiere dell’Unione Europea. E’ molto alta anche l’adozione della fattura elettronica che ha portato nel 2019 le imprese italiane in vetta alla graduatoria europea (95% di adozione).

Nell’uso dei dispositivi connessi (Internet delle cose, IoT), di strumenti di intelligenza artificiale e nella robotica, il nostro paese è in linea con la media europea, mentre per la diffusione del commercio elettronico e nell’uso di tecniche di analisi di Big Data, siamo indietro rispetto al resto d’Europa. L’analisi dei Big Data era effettuata nel 2019 dal 9% delle imprese italiane e spagnole con almeno 10 addetti, contro il 18% di quelle tedesche e il 22% di quelle francesi.

Ma soprattutto c’è bisogno di più formazione e competenze digitali: durante il lockdown è crollata l’incidenza di imprese che ha svolto formazione ICT, con un forte calo rispetto all’anno precedente. Nel 2020 in Italia meno del 40% degli occupati in professioni ICT disponeva di una formazione universitaria, contro il 66% dei paesi europei. L’incidenza degli occupati in professioni ICT sul totale degli occupati in Italia è relativamente modesta, attestandosi al 3,6% contro un 4,3% nell’UE.