La diffusione dell’indice europeo dell’economia e della società digitali (DESI) della Commissione Europea, è sempre un momento molto atteso, pieno di curiosità ed attenzione. Un monitoraggio dettagliato sul livello di digitalizzazione dei singoli Stati e i loro progressi. Il rapporto DESI individua le aree che richiedono un’azione prioritaria degli Stati, attraverso l’analisi di quattro macro-dimensioni: connettività, capitale umano, integrazione delle tecnologie digitali e servizi pubblici.

Purtroppo, il monitoraggio non è mai stato particolarmente generoso nei confronti dell’Italia. C’è ancora un grosso lavoro da portare a compimento per quanto riguarda la digitalizzazione, e infatti la relazione DESI del 2022, pubblicata recentemente, colloca l’Italia al 18° posto tra i 27 Stati membri dell’UE. Un risultato, tuttavia, che non deve scoraggiarci, perché si osservano progressi significativi: migliora la quota di imprese che utilizzano la fatturazione elettronica, per cui l’Italia è prima nel continente. Buone performance anche sul livello di adozione dei servizi in Cloud di medio-alta sofisticazione (38% contro la media UE del 26%). Cresce la quota di piccole-medie imprese che hanno un livello di intensità digitale minimo basilare (siamo comunque ampiamente in ritardo nell'adozione dell'eCommerce). Si registrano progressi in termini di diffusione dei servizi a Banda Larga e di realizzazione della rete. Nella sottodimensione relativa al 5G l’Italia riesce ad ottenere il podio, ma rimangono alcune grosse carenze per quanto riguarda la copertura delle reti ad altissima capacità.

Rispetto alla precedente rilevazione del 2021, per quanto riguarda il livello di digitalizzazione dell’economia e della società, l’Italia guadagna due posizioni, avvicinandosi alla media europea, con un punteggio di 49,3 contro il 52,3 UE.

Bene, ma non bisogna illudersi; cresce l’attenzione ma le carenze sono ancora notevoli, basti pensare che oltre la metà dei cittadini italiani non dispone neppure di competenze digitali di base. La percentuale degli specialisti digitali nella forza lavoro italiana è inferiore alla media dell’Unione Europea e le prospettive per il futuro sono indebolite dagli scarsi tassi di iscrizione e di laurea nel settore delle ICT. Siamo terzultimi in Europa per popolazione con competenze digitali almeno di base (42%), contro una media UE del 56%, e quartultimi invece per competenze digitali avanzate (22%), contro una media UE del 31%. La quota di imprese che offre formazione in ambito ICT ai propri dipendenti si ferma al 16%, contro una media europea del 20%. L’Italia, inoltre, è ultima nel continente per quota di laureati in ambito ICT sul totale della popolazione con una laurea (1,3% rispetto a un valore UE del 3,9%).​

L’Italia fa importanti progressi, ma non basta: la percentuale degli specialisti digitali nella forza lavoro italiana è inferiore alla media UE, e la quota di imprese che ha offerto formazione in ambito ICT ai propri dipendenti si ferma al 16%. Siamo ultimi nel continente per quota di laureati in ambito ICT sul totale della popolazione

Anche il dato sulle aziende fa riflettere, infatti solo il 60% delle PMI italiane ha raggiunto almeno un livello base di intensità digitale, sebbene il dato sia in crescita; l’utilizzo di servizi Cloud, in particolare, registra una considerevole crescita, ma è ancora molto limitata la diffusione di tecnologie come i Big Data e l’AI.

Per quanto riguarda i servizi digitali della Pubblica Amministrazione, solo il 40% degli utenti internet italiani fa ricorso ai servizi pubblici digitali rispetto a una media UE del 65%, ma si tratta di un trend in forte crescita da un paio d’anni, registrando un aumento del 10% tra il 2020 e il 2022, a fronte di una sempre maggiore digitalizzazione della PA e dei servizi pubblici, a partire dalla pubblicazione della strategia Cloud Italia.

Insomma, la strada intrapresa è giusta, ma non basta: gli altri paesi corrono, la competitività non prevede sconti. Il PNRR messo in campo dall’Italia è una risorsa importantissima, da non perdere. Il 25,1% dei 191 miliardi stanziati è destinato proprio alla transizione digitale. Investimenti necessari, da sfruttare al meglio, impegnandoci per raggiungere tutti gli obiettivi secondo le scadenze previste.